mercoledì 18 giugno 2025

La Chiesa Autocefala di Cipro in subbuglio - Parte n. 1

 

La Chiesa ortodossa di Cipro in subbuglio.

 

Logo del Santo Sinodo di Cipro

La giornata di giovedì  22 maggio rimarrà negli annali della storia della Chiesa di Cipro come un giorno da ricordare. Infatti, dopo una riunione straordinaria del Santo Sinodo della Chiesa Autocefala di Cipro, convocata inusualmente tramite posta elettronica, lo stesso organo di governo ha proceduto a dichiarare decaduto dal proprio trono il metropolita di Pafos Tychikòs, eletto metropolita appena due anni fa.

Analizziamo di seguito il Comunicato letto alla Stampa dal Segretario del Santo Sinodo e pubblicato dopo sul sito ufficiale della stessa Chiesa :


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Il Santo Sinodo della Chiesa di Cipro si è riunito oggi, giovedì 22 maggio 2025, in una sessione straordinaria presieduta da Sua Beatitudine l'Arcivescovo di Cipro Giorgio, per esaminare le accuse contro il Metropolita di Paphos, Tychikos.

Sua Beatitudine ha esposto dettagliatamente al Santo Sinodo, riunitosi come Tribunale secondo l'articolo 79D2 dello Statuto della Chiesa di Cipro, le accuse mosse contro il Metropolita di Paphos Tychikos, nonché l'indagine condotta da lui stesso.

Queste accuse erano già state presentate prima delle due ultime sessioni ordinarie del Santo Sinodo ed erano state portate all'attenzione del Metropolita di Paphos e degli altri membri del Sinodo. In quelle discussioni, al Metropolita di Paphos era stata richiesta la conformità allo Statuto della Chiesa di Cipro e alle decisioni del Santo Sinodo. Tuttavia, il Metropolita di Paphos ha continuato a mostrare lo stesso comportamento, per quanto riguarda il contenuto delle accuse, come in precedenza.


Le accuse erano principalmente tre:

A. L'ordinazione di un membro attivo dei "separatisti" di Salonicco, il suo invio a Salonicco, dove fino ad oggi partecipa attivamente alla "parasinagoga" separatista e la serve liturgicamente sotto la sua, con dolo, copertura da parte del Metropolita di Paphos Tychikos.

B. La sistematica negazione della celebrazione di matrimoni misti da parte del Metropolita di Paphos Tychikos e della Metropolia di Paphos, nonché la negazione del Sacramento della Cresima e dei certificati di Fede Ortodossa, che sono stati celebrati e rilasciati da Chiese Ortodosse canoniche.

C. Ha proceduto all'inaugurazione di una cappella dedicandola ad un ecclesiastico che non è stato canonizzato dalla Chiesa Ortodossa nell'elenco dei Santi, né tantomeno, per quanto ne sappiamo, si sta discutendo una simile possibilità.

Il Santo Sinodo ha esaminato anche accuse di minore importanza, che riguardano la coesione e l'unità dei fedeli della Metropolia di Paphos, le quali hanno occasionalmente generato numerosi commenti derisori sui media.


Impatto sull'unità della Chiesa

Le questioni sopra menzionate, ampiamente discusse, riguardano anche l'unità della Chiesa Ortodossa e le relazioni della Chiesa di Cipro con essa. Sono in gioco l'unità della Chiesa e le nostre relazioni con le altre Chiese.

Sua Beatitudine ha ricevuto anche accuse e forti lamentele e preoccupazioni dal Patriarcato Ecumenico, dalla Chiesa di Grecia, dal Metropolita di Neapolis Barnaba, dal Governo della Grecia, tramite il Ministro dell'Istruzione, sia durante la sua recente visita a Cipro, sia in seguito a una lettera del Ministero dell'Istruzione. Inoltre, il Governo greco ha denunciato queste azioni divisive all'Ambasciatore della Repubblica di Cipro ad Atene e l'Ambasciatore ha trasmesso queste denunce al Governo della Repubblica di Cipro.

Decisione del Santo Sinodo

Dopo una discussione approfondita sui suddetti argomenti e dopo che il Metropolita di Paphos ha fornito le sue risposte, quest'ultimo si è ritirato. Il Santo Sinodo ha giudicato insufficienti le risposte del Metropolita di Paphos e ha riscontrato gravi carenze nella gestione e nella pastorale della circoscrizione metropolitana di Paphos. Il Santo Sinodo ha preso a maggioranza la seguente decisione: il suddetto Vescovo viene messo a disposizione della Chiesa, la quale lo utilizzerà dove necessario, previa presentazione, per iscritto, di una Professione di Fede, che includa la condanna del "separatismo". Rimarrà Vescovo della Chiesa di Cipro e membro del Santo Sinodo e gli verrà conferito un titolo e una posizione dal Santo Sinodo.

Da oggi, Sua Beatitudine l'Arcivescovo di Cipro Giorgio assume la carica di Locum Tenens/Amministratore  del Trono Metropolitano di Paphos.

Santa Arcidiocesi di Cipro, 22 maggio 2025.

Fonte: https://churchofcyprus.org.cy/97978

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COMMENTO


Secondo quanto riportato dalla stampa cipriota e da quella ecclesiastica greca, Il Metropolita Tychikos è stato dichiarato deposto dal trono della Metropolia di Paphos con dieci voti a favore e sei contrari, principalmente con l'accusa di "apotèichisi" (separatismo).

Va notato che lo stesso Tychikos, in quanto accusato, non aveva diritto di voto.



Votazione del Sinodo

A favore del Metropolita Tychikos hanno votato:

  • Il Metropolita di Morfou Neofytos
  • Il Vescovo di Arsinois Pankratios
  • Il gruppo del Metropolita di Limassol (Athanasios) , composto da:
    • Il Metropolita di Limassol stesso
    • Il Vescovo di Amathountos Nikolaos
    • Il Vescovo di Lidras Epifanios
    • Il Vescovo di Neapolis Porfyrios

Contro Tychikos e a favore della proposta dell'Arcivescovo di deposizione si sono schierati:

  • Il Primate della Chiesa di Cipro (l'Arcivescovo)
  • Il Vescovo di Mesaorias Grigorios
  • Il Vescovo di Chytrou Leontios
  • Il Vescovo di Karpasias Christoforos
  • Il Metropolita di Trimithountos e Lefkara Barnabas
  • Il Metropolita di Tamassos e Oreini Isaias
  • Il Metropolita di Kykkos Nikiforos
  • Il Metropolita di Kyrenia Chrysostomos
  • Il Metropolita di Kition Nektarios


Contesto e implicazioni

Si evidenzia che, sebbene prevalesse l'impressione che qualsiasi pena dovesse essere imposta tramite l'articolo 14 dello Statuto della Chiesa di Cipro, alla fine la pena è stata imposta a maggioranza perché, come è stato detto, il Sinodo si è riunito come Tribunale che ha esaminato direttamente le accuse contro Tychikos.

Secondo le informazioni, anche il Patriarca Ecumenico era a conoscenza delle intenzioni dell'Arcivescovo e pare abbia dato il via libera, anche perché tra le accuse era inclusa quella di "apotèichisi". Un'eventuale approvazione o informazione del Patriarca priva ovviamente Tychikos di qualsiasi ricorso al Patriarcato Ecumenico. 

Secondo le stesse informazioni, Tychikos si è scusato con il Santo Sinodo e ha promesso di cambiare comportamento, ma era ormai troppo tardi. Questo perché, dopo i ripetuti avvertimenti ricevuti dall'Arcivescovo, non aveva mostrato prudenza e le decisioni erano già state avviate.

Tuttavia, Tychikos rimane membro del Santo Sinodo e vescovo, ma ha perso definitivamente la possibilità di tornare sul suo trono e di aspirare in futuro al trono arcivescovile.

Cos'è l'"Apotèichisi"?

Ma cos'è l'"apotèichisi" che ha portato alla decadenza di Tychikos?

L'apotèichisi è considerata un comportamento estremo, e i suoi sostenitori sembrano vedere eretici ovunque, considerandosi i guardiani della fede contro le deviazioni dalla stessa.

Per quanto riguarda l'apotèichisi, si afferma quanto segue:

"Apotèichisi è il muro che il fedele erige per proteggere la Fede Ortodossa e per preservarsi dall'errore degli eretici, rimanendo all'interno della Chiesa apostolica atemporale e, allo stesso tempo, il mezzo di pressione che utilizza per avviare un sinodo che condannerà gli eretici. L'apotèichisi si realizza interrompendo la commemorazione del vescovo eretico (non è possibile che il vescovo eretico "dispensi rettamente" la parola della verità) e interrompendo ogni comunione e comunicazione ecclesiastica con lui."

Certo, questi concetti sono molto generali e, ovviamente, un po' difficili da comprendere per i non iniziati, ma hanno portato alla deposizione di Tychikos, che ha perso sia il trono di Paphos che la sua posizione di "locum tenens" (amministratore) in occasione della vacanza del Trono Arcivescovile.

Oltre all'apotèichisi, Tychikos è stato penalizzato anche dai discorsi e dagli scritti di suoi stretti collaboratori (sullo stesso argomento) che, evidentemente, la maggioranza ha ritenuto che, se non addirittura incoraggiati, fossero almeno tollerati da lui.

Esiste, inoltre, il caso di un sacerdote della Metropolia di Paphos, che sarebbe stato inviato a Salonicco ma, invece di commemorare il vescovo locale, commemorava il Metropolita Tychikos, cosa considerata come un grave errore all'interno della Chiesa.

Continua...

martedì 17 giugno 2025

La Liturgia di Inizio Ministero di Papa Leone XIV - Alcune spigolature storico liturgiche orientali con traduzione (nostra) in greco moderno

 Riceviamo e pubblichiamo un interessante articolo di Mons. Manuel NIN OSB, Esarca Apostolico per i fedeli di rito bizantino in Grecia circa la presenza di alcuni segni orientali, nello specifico greci, durante la Messa di Inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma Leone XIV che si è tenuta a Piazza San Pietro il 18 Maggio 2025.  




La componente orientale nella liturgia di inizio pontificato del vescovo di Roma.

La liturgia di inizio di pontificato del vescovo di Roma ha una componente orientale. Con questa espressione “componente orientale” oppure “aspetti orientali” si fa riferimento alla presenza di parti della liturgia romana, epistola o vangelo, cantati in lingua greca, ed anche alla tradizione plurisecolare della partecipazione del Pontificio Collegio Greco di Roma nelle liturgie celebrate dal vescovo di Roma. Questa tradizione, risalente alla fine del XVI secolo, mette in luce da una parte l’origine greca in quanto alla lingua della stessa liturgia romana, e dall’altra parte la dimensione veramente cattolica di questa Chiesa e del ministero del suo vescovo.

Le parti orientali di tradizione bizantine nella liturgia di inizio di pontificato del vescovo di Roma, si trovano nella liturgia della Parola. Nella processione iniziale il diacono greco apre il corteo dei concelebranti, portando innalzato l’evangeliario che viene collocato sull’altare. Dopo i riti iniziali, avviandosi alla proclamazione del vangelo, il diacono greco riceve la benedizione del Santo Padre prima di prendere l’evangeliario dall’altare. Dopo il canto dell’alleluia e la proclamazione della pericope evangelica anche in lingua latina da parte di un diacono latino, il diacono greco, con le formule della Divina Liturgia Bizantina, invita l’assemblea all’ascolto sapiente del vangelo nell’acclamazione in lingua greca: Sapienza. In piedi ascoltiamo il Santo Vangelo”, e il Santo Padre benedice l’assemblea con la formula: “Pace a tutti”. E l’assemblea risponde: “E col tuo spirito”. Il diacono prosegue con l’annuncio della lettura del vangelo: “Lettura del Santo Vangelo secondo…”. E quindi la risposta dossologica dell’assemblea: “Gloria a Te, Signore, gloria a Te”. Alla fine del vangelo, di nuovo si canta la risposta dossologica dell’assemblea: “Gloria a Te, Signore, gloria a Te”. L’evangeliario viene riportato al Santo Padre, e con esso benedice l’assemblea, mentre il coro canta l’acclamazione: “Per molti anni, Signore!”, che è l’acclamazione che nella liturgia bizantina presieduta dal vescovo il coro canta dopo la processione con l’evangeliario nel piccolo ingresso, dopo la proclamazione del vangelo, dopo la processione con i doni nel grande ingresso e dopo la comunione.


La tradizione della partecipazione del Pontificio Collegio Greco alle celebrazioni liturgiche più importanti del Papa rissale al pontificato di papa Sisto V (1585-1590), che concesse al Collegio Greco il privilegio di cantare in greco l’epistola e il vangelo nelle messe papali solenni. L’uso, però, della presenza di ambedue le lingue liturgiche, latino e greco, nella liturgia del vescovo di Roma risale alla fine del VII ed inizio dell’VIII secolo, quando si succedettero a Roma diversi papi di origine orientale; infatti le persecuzioni iconoclaste e quelle dei califfi abbasidi in Oriente portarono all’esilio in Occidente molti orientali che parlavano greco. Anastasio il Bibliotecario, che visse nel IX secolo racconta che papa Benedetto III (855-858), benché romano di origine, ebbe cura di preparare un codice dove furono trascritte, in greco e latino, le profezie che, nel rito romano, venivano lette il Sabato Santo ed il Sabato prima di Pentecoste. Dall’Ordo Romanus I, ripreso poi dall’Ordo Romanus X, scritto nell’XI secolo, sappiamo che si leggeva la profezia in latino e, di seguito, se il Papa lo avesse considerato opportuno, essa sarebbe stata ripetuta in greco. Nel concilio di Pisa del 1409, nella celebrazione dell’incoronazione di Papa Alessandro V, latino di rito ma nato a Creta, l’epistola ed il vangelo furono cantati in latino, greco ed ebraico. Durante l’incoronazione di papa Nicolò V nel 1447, un cardinale cantò il vangelo in latino, mentre che un archimandrita basiliano lo cantò in greco.

Papa Sisto V nel 1586 fecce sopprimere gli uffici di diacono e suddiacono greco e li fece trasferire agli studenti del Collegio Greco. Con questo fatto il papa dava un segno di stima verso il Collegio Greco. I titoli di diacono e suddiacono greci rimasero quindi legati al Collegio Greco, e fu fino al 1870 che, nei giorni di celebrazioni papali in cui diacono e suddiacono erano presenti, una carrozza del palazzo Apostolico veniva a prelevarli in Collegio.

Nel 1724 papa Benedetto XIII riprese l’uso antico della lettura in greco, da parte di un alunno del Collegio Greco, della prima delle profezie del Sabato Santo e, alternativamente in latino e greco, la prima di quelle del sabato prima della Pentecoste; lo stesso papa vuole che i ministri greci celebrassero con i propri paramenti e non con quelli latini. Ancora nel Venerdì Santo del 1725 lo stesso Benedetto XIII fece leggere in greco l’apostolo ed il vangelo del giorno.

A partire del 1896, con l’arrivo dei benedettini nel Collegio Greco sotto papa Leone XIII, viene ripresa normalmente la presenza di due seminaristi del Collegio nelle celebrazioni papali solenni. La prassi lungo il XX secolo e quindi quella anche attuale per quanto riguarda la partecipazione del Pontificio Collegio Greco alle celebrazioni papali solenni è quella del canto dell’epistola e del vangelo in lingua greca nella liturgia In coena Domini del Giovedì Santo, ed il canto del vangelo in greco nelle canonizzazioni ed in alcune liturgie particolarmente solenni, nonché nella liturgia di funerale del Sommo Pontefice, in cui viene cantato anche un Trisaghion bizantino in lingua greca; quindi nella liturgia di inizio di pontificato del vescovo di Roma.

Accenno anche a due celebrazioni speciali avvenute negli anni 1908 e 1925 a cui il Collegio Greco partecipò in maniera diretta. Il giorno 12 febbraio 1908 si celebrò, nell’aula «delle benedizioni» alla presenza del Santo Padre Pio X, la Cappella Papale per la celebrazione del XV centenario della morte di san Giovanni Crisostomo; la liturgia fu celebrata dal Patriarca greco melchita di Antiochia Cirillo VIII Geha, con il coro e i ministri del Pontificio Collegio Greco di Roma. Nell’introduzione all’apposito libretto pubblicato in quell’occasione, si indica che nella suddetta aula, non essendoci un altare “isolato”, cioè, staccato dal muro, che permettesse di essere girato nelle diverse processioni ed incensazioni della Divina Liturgia Bizantina, fu collocato un altro altare “isolato” e, di fronte ad esso, due leggii con due icone di Cristo e della Madre di Dio; accanto ad esse fu collocato un terzo leggio con l’icona di san Giovanni Crisostomo. È interessante di notare che nell’introduzione al libretto liturgico citato, viene ancora indicata questa annotazione: “dagli officianti si osserverà integralmente il rito greco… Il Sommo Pontefice, capo supremo di tutti i riti, opererà nel medesimo tempo anche quale Presidente dell’assemblea liturgica greca, al quale sono rimessi e riservati principali atti di onore e di giurisdizione… Egli adopererà la lingua liturgica greca…”. Il testo della Divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo utilizzato in quella occasione fu quello preparato nel 1907 da uno dei professori residenti nel Pontificio Collegio Greco, P. Placido De Meester osb.

 

La seconda celebrazione a cui vorrei fare accenno è quella tenutasi il giorno 15 novembre 1925 in occasione del XVI centenario del concilio di Nicea del 325. Anche in questa occasione la liturgia fu presieduta dal papa, sua Santità Pio XI, e come celebrante principale fu invitato anche questa volta il patriarca greco melchita di Antiochia Dimitrios Cadi; costui, però, morì improvvisamente il 26 ottobre a Damasco, e fu sostituito dal metropolita greco cattolico romeno di Fagaras Basilio Suciu. La liturgia fu celebrata nella basilica di San Pietro; come nella precedente celebrazione del 1908, fu collocato, davanti all’altare della confessione, un altare “isolato” con dei leggii a modo di iconostasi. In ambedue le celebrazioni citate viene indicata nell’introduzione agli appositi libretti, che la celebrazione della liturgia greca fu “integrale”, cioè senza aggiunte mescolanze con la tradizione liturgica romana. Il Papa –Pio X e Pio XI rispettivamente nella prima e nella seconda delle celebrazioni- presiedeva da un trono / cattedra collocato a sinistra di chi guardava l’altare. Era rivestito coi propri paramenti, coperto con la tiara, e impartiva le benedizioni in lingua greca lungo la celebrazione della Divina Liturgia.

All’inizio parlavamo della componente orientale della liturgia di inizio pontificato di Papa Leone XIV. La presenza delle diverse lingue, soprattutto quella latina e quella greca, evidenzia la componente veramente cattolica della celebrazione liturgica


+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico

Grecia


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Το Ανατολικό Συστατικό στη Λειτουργία της Έναρξης της Διακονιας του Επισκόπου Ρώμης

 

Η λειτουργία της έναρξης του παπικού αξιώματος του επισκόπου της Ρώμης έχει μια ανατολική συνιστώσα. Με την έκφραση «ανατολική συνιστώσα» ή «ανατολικά στοιχεία» αναφερόμαστε στην παρουσία τμημάτων της ρωμαϊκής λειτουργίας, όπως το Αποστολο ή το Ευαγγέλιο, που ψάλλονται στην ελληνική γλώσσα, καθώς και στην πολύχρονη παράδοση της συμμετοχής του Παπικού Ελληνικού Κολλεγίου της Ρώμης στις λειτουργίες που τελούνται από τον επίσκοπο της Ρώμης. Η παράδοση αυτή, που χρονολογείται από τα τέλη του 16ου αιώνα, αναδεικνύει αφενός την ελληνική προέλευση της γλώσσας της ίδιας της ρωμαϊκής λειτουργίας και αφετέρου τη γνήσια καθολική διάσταση αυτής της Εκκλησίας και της διακονίας του επισκόπου της.

 

Τα ανατολικά στοιχεία βυζαντινής παραδόσεως στη λειτουργία έναρξης του παπικού αξιώματος του επισκόπου της Ρώμης βρίσκονται στη λεγόμενη Λειτουργία του Λόγου. Στην αρχική πομπή, ο Έλληνας διάκονος ανοίγει την πομπή των συλλειτουργούντων φέροντας υψωμένο το ευαγγέλιο, το οποίο τοποθετείται στην Αγία Τράπεζα. Μετά τις αρχικές τελετές, πριν την έναρξη της αναγγελίας του Ευαγγελίου, ο Έλληνας διάκονος λαμβάνει την ευλογία του Πάπα πριν πάρει το ευαγγέλιο από την Αγία Τράπεζα. Μετά το ψάλσιμο του «Αλληλούια» και την αναγγελία της ευαγγελικής περικοπής στα λατινικά από έναν λατίνο διάκονο, ο Έλληνας διάκονος, με τους τύπους της Θείας Λειτουργίας της Βυζαντινής παράδοσης, καλεί τη σύναξη να ακούσει με σοφία το Ευαγγέλιο με την αναφώνηση στα ελληνικά: «Σοφία. Ορθοί, ακούσωμεν του Αγίου Ευαγγελίου» και ο Πάπας ευλογεί τη σύναξη με τη φράση: «Ειρήνη πάσι». Η σύναξη απαντά: «Και τω πνεύματί σου». Ο διάκονος συνεχίζει με την αναγγελία της ανάγνωσης του Ευαγγελίου: «Το ανάγνωσμα του Αγίου Ευαγγελίου κατά…». Και έπειτα η δοξολογική απάντηση της σύναξης: «Δόξα σοι, Κύριε, δόξα σοι». Στο τέλος του Ευαγγελίου, επαναλαμβάνεται η ίδια απάντηση. Το Ευαγγέλιο επιστρέφεται στον Πάπα, ο οποίος ευλογεί με αυτό τη σύναξη, ενώ ο χορός ψάλλει την αναφώνηση: «Εις πολλά έτη, Δέσποτα!», η οποία είναι η αναφώνηση που στη βυζαντινή λειτουργία υπό την προεδρία επισκόπου ψάλλεται μετά την πομπή με το ευαγγέλιο στην Μικρή Είσοδο, μετά την αναγγελία του Ευαγγελίου, μετά την πομπή με τα τίμια δώρα στη Μεγάλη Είσοδο και μετά τη Θεία Κοινωνία.

Η παράδοση της συμμετοχής του Παπικού  Ελληνικού Κολλεγίου στις σημαντικότερες λειτουργικές τελετές του Πάπα ξεκινά από την εποχή του πάπα Σίξτου Ε΄ (1585–1590), ο οποίος παραχώρησε στο Ελληνικό Κολλέγιο το προνόμιο να ψάλλει το Αποστολο και το Ευαγγέλιο στα ελληνικά κατά τις επίσημες παπικές λειτουργίες. Η χρήση, ωστόσο, της παρουσίας και των δύο λειτουργικών γλωσσών, της λατινικής και της ελληνικής, στη λειτουργία του επισκόπου Ρώμης χρονολογείται από τα τέλη του 7ου και τις αρχές του 8ου αιώνα, όταν διαδοχικά πάπες με ανατολική καταγωγή ανέλαβαν τη Ρωμαϊκή Έδρα. Στην πραγματικότητα, οι εικονομαχικοί διωγμοί και εκείνοι των Αββασιδών χαλίφηδων στην Ανατολή οδήγησαν πολλούς Ανατολίτες που μιλούσαν ελληνικά στην εξορία στη Δύση. Ο Αναστάσιος ο Βιβλιοθηκάριος, που έζησε τον 9ο αιώνα, διηγείται ότι ο πάπας Βενέδικτος Γ΄ (855–858), αν και Ρωμαίος στην καταγωγή, φρόντισε να προετοιμάσει έναν κώδικα όπου μεταγράφηκαν στα ελληνικά και λατινικά οι προφητείες που διαβάζονταν στο ρωμαϊκό τελετουργικό το Μεγάλο Σάββατο και το Σάββατο πριν από την Πεντηκοστή. Από το Ordo Romanus I, και αργότερα το Ordo Romanus X του 11ου αιώνα, γνωρίζουμε ότι η προφητεία διαβαζόταν πρώτα στα λατινικά και, αν το έκρινε σκόπιμο ο Πάπας, επαναλαμβανόταν στα ελληνικά. Στην σύνοδο της Πίζας το 1409, κατά τη διάρκεια της στέψης του Πάπα Αλεξάνδρου Ε΄, ο οποίος ήταν λατινικού δόγματος αλλά γεννημένος στην Κρήτη, το Αποστολο και το Ευαγγέλιο ψάλλονταν στα λατινικά, ελληνικά και εβραϊκά. Κατά τη στέψη του Πάπα Νικολάου Ε΄ το 1447, ένας καρδινάλιος έψαλε το ευαγγέλιο στα λατινικά, ενώ ένας αρχιμανδρίτης του Τάγματος του Αγίου Βασιλείου το ψάλλει στα ελληνικά.

 

Ο Πάπας Σίξτος Ε΄ το 1586 κατάργησε τα αξιώματα οφφικια του Έλληνα διακόνου και υποδιακόνου και τα μετέφερε στους φοιτητές του Ελληνικού Κολλεγίου. Με την ενέργεια αυτή, ο Πάπας εξέφραζε την εκτίμησή του προς το Ελληνικό Κολλέγιο. Οι τίτλοι αυτοί παρέμειναν συνδεδεμένοι με το Κολλέγιο έως το 1870, και σε κάθε παπική τελετή που παρευρίσκονταν διάκονος και υποδιάκονος, άμαξα του Αποστολικού Παλατιού ερχόταν να τους παραλάβει από το Κολλέγιο.

Το 1724, ο Πάπας Βενέδικτος ΙΓ΄ επανέφερε την αρχαία πρακτική να διαβάζεται η πρώτη από τις προφητείες του Μεγάλου Σαββάτου στα ελληνικά από μαθητή του Ελληνικού Κολλεγίου, και εναλλάξ σε λατινικά και ελληνικά, η πρώτη προφητεία του Σαββάτου πριν από την Πεντηκοστή. Ο ίδιος Πάπας επιθυμούσε επίσης οι Έλληνες λειτουργοί να τελούν τις τελετές με τα δικά τους άμφια και όχι με λατινικά. Τη Μεγάλη Παρασκευή του 1725, ο ίδιος Πάπας διέταξε να διαβαστούν στα ελληνικά τόσο η αποστολική επιστολή όσο και το ευαγγέλιο της ημέρας.

 

Από το 1896, με την άφιξη των Βενεδικτίνων μοναχών στο Ελληνικό Κολλέγιο υπό τον Πάπα Λέοντα ΙΓ΄, η παρουσία δύο ιεροσπουδαστών από το Κολλέγιο σε επίσημους παπικούς εορτασμούς επανήλθε ως κανονική πρακτική. Η πρακτική αυτή συνεχίστηκε καθ’ όλο τον 20ό αιώνα και ισχύει μέχρι σήμερα. Η συμμετοχή του Παπικού Ελληνικού Κολλεγίου στις επίσημες παπικές τελετές εκδηλώνεται με την ψαλμωδία του Αποστολου και του Ευαγγελίου στα ελληνικά κατά τη λειτουργία της Μεγάλης Πέμπτης (In Coena Domini), και την ψαλμωδία του ευαγγελίου στα ελληνικά στις τελετές αγιοκατάταξης και σε άλλες ιδιαίτερα επίσημες λειτουργίες, καθώς και στην κηδεία του Ποντίφηκα, όπου ψάλλεται επίσης το βυζαντινό Τρισάγιο στα ελληνικά· και φυσικά, στη λειτουργία της έναρξης της θητείας του επισκόπου Ρώμης.

Αναφέρω επίσης δύο ξεχωριστές εορταστικές εκδηλώσεις που έλαβαν χώρα τα έτη 1908 και 1925 στις οποίες συμμετείχε άμεσα το Ελληνικό Κολλέγιο. Στις 12 Φεβρουαρίου 1908 τελέστηκε στην αίθουσα των «Ευλογιών», παρουσία του Πάπα Πίου Ι΄, Παπική Λειτουργία για τον εορτασμό της 15ης εκατονταετηρίδας από την κοίμηση του αγίου Ιωάννου του Χρυσοστόμου. Η λειτουργία τελέστηκε από τον Έλληνα Μελχίτη Πατριάρχη Αντιοχείας Κύριλλο Η΄ Geha, με τη χορωδία και τους λειτουργούς του Παπικού Ελληνικού Κολλεγίου της Ρώμης.

 

Στην εισαγωγή του ειδικού φυλλαδίου που εκδόθηκε με την ευκαιρία αυτή, αναφέρεται ότι στην προαναφερθείσα αίθουσα, επειδή δεν υπήρχε ελεύθερη Αγία Τράπεζα –δηλαδή αποσπασμένη από τον τοίχο– για να επιτρέπονται οι διελεύσεις και οι θυμιατισμοί της Θείας Λειτουργίας κατά το βυζαντινό τυπικό, τοποθετήθηκε ειδική ελεύθερη Τράπεζα. Μπροστά της τοποθετήθηκαν δύο αναλόγια με εικόνες του Χριστού και της Θεοτόκου, και ένα τρίτο με εικόνα του αγίου Ιωάννη του Χρυσοστόμου. Σημαντική είναι η παρατήρηση στην εισαγωγή του εντύπου, όπου σημειώνεται: «Οι λειτουργοί θα τηρήσουν εξολοκλήρου το ελληνικό τυπικό… Ο Πάπας, ως υπέρτατος ηγέτης όλων των τελετουργιών, θα ενεργεί ταυτόχρονα και ως πρόεδρος της ελληνικής λειτουργικής συνάξεως, στον οποίο ανήκουν και παραμένουν οι κύριες πράξεις τιμής και δικαιοδοσίας… Θα χρησιμοποιεί την ελληνική λειτουργική γλώσσα…». Το λειτουργικό κείμενο που χρησιμοποιήθηκε ήταν η Θεία Λειτουργία του αγίου Ιωάννη του Χρυσοστόμου, όπως είχε εκδοθεί το 1907 από τον πατέρα Πλακίδο De Meester, μοναχό του Τάγματος των Βενεδικτίνων και καθηγητή στο Ελληνικό Κολλέγιο.

 

Ο δεύτερος εορτασμός που θα ήθελα να αναφέρων πραγματοποιήθηκε στις 15 Νοεμβρίου 1925, με αφορμή την 16η εκατονταετηρίδα από τη σύγκληση της Α΄ Οικουμενικής Συνόδου της Νίκαιας το 325. Και πάλι η λειτουργία τελέστηκε υπό την προεδρία του Πάπα, του Αγίου Πατέρα Πίου ΙΑ΄, και προσκλήθηκε ως κύριος τελετάρχης ο πατριάρχης των Ελλήνων Μελχιτών της Αντιόχειας, Δημήτριος Cadi. Ωστόσο, ο πατριάρχης απεβίωσε αιφνιδίως στις 26 Οκτωβρίου στη Δαμασκό και αντικαταστάθηκε από τον Ρουμάνο ελληνοκαθολικό μητροπολίτη της Φαγκαράς, Βασίλειο Suciu. Η λειτουργία τελέστηκε στη βασιλική του Αγίου Πέτρου· όπως και στην προηγούμενη τελετή του 1908, τοποθετήθηκε μπροστά στην Αγία Τράπεζα του «ομολογίου του Πέτρου» μια ανεξάρτητη Τράπεζα, μαζί με αναλόγια διαμορφωμένα ως εικονoστάσιο.

 

Σε αμφότερες τις τελετές αναφέρεται στην εισαγωγή των αντίστοιχων λειτουργικών φυλλαδίων ότι η τέλεση της ελληνικής λειτουργίας ήταν «πλήρης», δηλαδή χωρίς προσθήκες ή ανάμειξη με τη ρωμαϊκή λειτουργική παράδοση. Ο Πάπας –ο Πίος Ι΄ στην πρώτη περίπτωση και ο Πίος ΙΑ΄ στη δεύτερη– προέδρευε από θρόνο (καθέδρα) τοποθετημένο στα αριστερά, όπως βλέπει κανείς την Αγία Τράπεζα. Ήταν ενδεδυμένος με τα δικά του παπικά άμφια, φορούσε την τιάρα και ευλογούσε στα ελληνικά καθ’ όλη τη διάρκεια της Θείας Λειτουργίας.

 

Στην αρχή μιλούσαμε για την ανατολική συνιστώσα της λειτουργίας ενάρξεως του παπικού αξιώματος του Πάπα Λέοντα ΙΔ΄. Η παρουσία των διαφόρων γλωσσών –και κυρίως της λατινικής και της ελληνικής– αναδεικνύει τη γνήσια καθολική διάσταση της λειτουργικής αυτής τελετής.

 

+ π. Μανουήλ Νιν

Αποστολικός Έξαρχος

Ελλάδα


domenica 15 giugno 2025

La classicità è sopravvissuta e vive in Bisanzio anche ai giorni nostri.

  


Riportiamo e traduciamo una intervista alla Professoressa Hélène Glykatzi-Ahrweiler.

" La più alta espressione di tutta la civiltà ellenistica è stata esattamente BISANZIO. Anche se l'antichità può oscurare tutti gli anni medievali - cioè oltre mille anni -, l'Ellenismo brilla ovunque come Ellenismo Bizantino.

Ce lo siamo dimenticati, perché abbiamo dimenticato che tutto il Rinascimento, in seguito, si deve all'Occidente; e quindi nessuno ormai si interessa più degli "scismatici" come chiamavano i Bizantini in Occidente.

Ma questo però non è stato dimenticato dalla Grecia. E Palamàs ha scritto giustamente "delle Grecie" per indicare ovunque la Grecia, le Grecie che conosciamo cioè. Una sola è la ROMIOSYNE la Romanitas, e la ROMIOSYNE è esattamente la BISANZIO greca."

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Commento 

Le affermazioni della Professoressa Hélène Ahrweiler sono un manifesto potente e incisivo sulla centralità di Bisanzio nella continuità dell'Ellenismo e sulla sua ingiusta marginalizzazione nella storiografia occidentale, specialmente in relazione al Rinascimento. Cerchiamo di analizzare i punti chiave


1. Bisanzio come Culmine della Civiltà Ellenistica:

  • Contesto Storiografico: Per lungo tempo, la storiografia occidentale ha teso a vedere il mondo greco come un'epoca d'oro (l'Antichità classica) seguita da un "periodo oscuro" medievale, fino alla riscoperta dell'antichità nel Rinascimento. Questa visione ha spesso minimizzato o ignorato il ruolo fondamentale di Bisanzio. La Prof. Ahrweiler, come molti bizantinisti moderni, contesta fermamente questa narrativa..
  • Argomentazione: L'affermazione che Bisanzio sia la "più alta espressione di tutta la civiltà ellenistica" è un punto cruciale. Bisanzio non fu semplicemente un custode passivo del sapere classico, ma un centro dinamico che assimilò, reinterpretò e sviluppò l'eredità ellenica in un contesto cristiano e romano. La lingua greca rimase la lingua ufficiale e culturale per oltre un millennio, le opere degli autori classici furono copiate, studiate e commentate, e il pensiero filosofico e teologico bizantino si radicò profondamente nella tradizione ellenica. Questo "Ellenismo Bizantino" si manifestò in ogni aspetto della vita, dall'arte all'architettura, dalla letteratura al diritto, dalla filosofia alla teologia.
  • Esempi: Pensiamo alla continuità della filosofia neoplatonica, alla raffinata produzione letteraria e poetica (ad esempio, Romanos il Melode o Giovanni Damasceno), alla sistemazione del diritto romano in greco (il Corpus Iuris Civilis), o alla fioritura dell'arte iconografica, che reinterpretava l'estetica classica in chiave spirituale.

2. La Dimenticanza e il Ruolo del Rinascimento Occidentale:

  • Contesto Storico: La Prof. Ahrweiler evidenzia una distorsione nella percezione storica. Il Rinascimento in Occidente è stato spesso presentato come una rinascita ex nihilo dell'antichità classica, oscurando il fatto che gran parte di questo sapere classico giunse in Occidente proprio grazie ai dotti bizantini che, dopo la caduta di Costantinopoli (1453) o anche prima (es. Platon a Firenze, il Cardinale BESSARIONE), portarono manoscritti e conoscenze del greco antico.
  • La Scissione Religiosa: La menzione degli "scismatici" è fondamentale. Il Grande Scisma del 1054 e le successive tensioni, culminate nel Sacco di Costantinopoli del 1204 da parte dei Crociati latini, crearono una profonda frattura tra Oriente e Occidente. Questo portò a una demonizzazione reciproca e a un disinteresse, se non un disprezzo, per la cultura bizantina da parte di gran parte dell'Europa occidentale. La retorica occidentale spesso etichettava i Bizantini come "Greci" in senso dispregiativo, in contrasto con la loro auto-identificazione come "Romani".
  • Conseguenza: Questa "dimenticanza" non è stata casuale ma il prodotto di secoli di divisioni politiche, religiose e culturali, che hanno portato a una narrazione storica egemonica che ha minimizzato il contributo bizantino.

3. La Continuità Greca e la Romiosyne:

  • La Prospettiva Greca Moderna: La Prof. Ahrweiler sottolinea che questa "dimenticanza" non è avvenuta in Grecia. La memoria storica e l'identità nazionale greca moderna affondano le radici non solo nell'Antichità classica ma anche e soprattutto nel millennio bizantino.
  • Kostis Palamàs e le "Grecie": Il riferimento a Kostis Palamàs (1859-1943), uno dei più importanti poeti nazionali greci, è significativo. Palamàs, e con lui molti intellettuali greci, comprendeva che la "grecità" non era un'entità statica, ma una tradizione plurisecolare che abbracciava l'antico, il bizantino e il moderno. Le "Grecie" indicano le diverse manifestazioni di questa civiltà nel tempo e nello spazio.
  • Romiosyne (Ρωμιοσύνη): Questo è il punto culmine dell'affermazione. Romiosyne è un concetto profondo e poliedrico nell'identità greca moderna. Deriva da Romios (Ρωμιός), che significa "Romano" (nel senso di cittadino dell'Impero Romano d'Oriente). Essa incarna la continuità ininterrotta della cultura greco-ortodossa, che si sviluppa sotto l'egida dell'Impero Romano d'Oriente (Costantinopoli - Bisanzio) e poi sopravvive sotto il dominio ottomano.
    • Non è solo un'identità etnica, ma una fusione di ellenismo, ortodossia cristiana e la consapevolezza di essere eredi dell'Impero Romano.
    • Affermare che "una sola è la Romiosyne, la Romanitas, e la Romiosyne è esattamente la Bisanzio greca" significa ribadire che Bisanzio non fu un'entità separata o "orientale" in senso dispregiativo, ma la legittima e unica continuazione dell'Impero Romano nel suo aspetto più duraturo e culturalmente omogeneo, ovvero quello greco. Questa Romanitas bizantina è intrinsecamente greca nella sua espressione culturale, linguistica e spirituale.

In sintesi, la Professoressa Ahrweiler offre una visione revisionista e riequilibrata della storia, che restituisce a Bisanzio il suo ruolo di pilastro della civiltà ellenistica e di ponte cruciale tra l'antichità e l'età moderna, sottolineando l'importanza di una prospettiva storica che tenga conto della continuità culturale e dell'auto-identificazione delle popolazioni, piuttosto che di categorie posticce o pregiudizi occidentali. Il suo commento è un invito a riscoprire Bisanzio non come un'appendice, ma come il cuore pulsante di una "Romanità" intrinsecamente greca.

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Fonti Video: TikTok, canale Kyvernitis

Per conoscere La Ahrweiller, che è una delle più grandi studiose del mondo bizantino si veda: https://en.wikipedia.org/wiki/H%C3%A9l%C3%A8ne_Ahrweiler


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